Partigiano Giovanni Sola

Testimonianza sul partigiano SOLA GIOVANNI Battista nato a Costigliole S. (CN) il 12 febbraio 1926 resa dal figlio Ivo agli studenti delle classi terze scuola secondaria 1° grado -Verzuolo

La prima volta che ho sentito mio papà parlare dei partigiani ero molto piccolo, avevo 7 anni circa e ho provato la sensazione di avere un papà eroe.

Mio padre è salito in montagna (dal 25 giugno1944 al 6 giugno 1945), dopo l’eccidio del 5 gennaio 1944 a Ceretto, dove 27 suoi compaesani erano stati trucidati dai nazi-fascisti. Penso che la spinta a salire in montagna dei giovani fu dovuta alla voglia di riscatto della libertà perduta e della violenza subita.

La spinta antifascista in alcuni fu inizialmente di contrapposizione politica, pensiamo ai confinati a Ventotene considerati non graditi al regime (da Pertini, a Terracini, a Camilla Ravera, a Di Vittorio fino ad Altiero Spinelli…) ma successivamente il rifiuto verso il fascismo si ampliò e  divenne avversione verso un regime totalitario, violento che si riconosceva amico dei nazisti e nemico degli stessi italiani.

I genitori di mio padre sapevano della sua scelta di andare in montagna con i partigiani, anche se erano molto in apprensione e preoccupati per la sua vita e per quella dei suoi famigliari, ma la assecondarono.

I partigiani con la gente ebbero rapporti positivi e furono spesso aiutati, mio padre fu nascosto e nutrito dalla gente del posto, nelle notti in cui doveva fare dei lunghi trasferimenti.

Il suo nome di battaglia era “Galina” non so da dove derivasse e perché scelse quel nome.

Raccontava sovente dei suoi mesi in montagna, prevalentemente ne parlava con i suoi compagni di lotta. Io sono cresciuto tra di loro, alcuni li conoscevo addirittura con il nome di battaglia e non con il loro vero nome.

Sui banchi di scuola quando si è fortunati si studia la seconda guerra mondiale in generale, la lotta partigiana è stata altra cosa: sofferenza, freddo, fame, morte per un ideale e per una società libera e più giusta. Erano uomini, donne, ragazzini, spinti da un ideale che sui banchi di scuola non si riesce a cogliere pienamente.

Mio padre raccontava spontaneamente i suoi mesi partigiani.

Un episodio che mi è rimasto impresso è stato quando furono accerchiati in montagna, i tedeschi cercavano di creare un incendio con i lanciafiamme così da farli uscire allo scoperto, ma si mise a piovere e furono salvi!

Mentre raccontava a volte gli veniva da piangere.

I rapporti con le staffette erano ottimi, mio padre faceva da portaordini, quindi immagino che avesse sovente contatti con le staffette partigiane, ha sempre avuto tantissimo rispetto nei loro confronti, perché  rischiavano la vita e anche peggio…

I rapporti con la chiesa erano in relazione ai vari momenti, non frequenti.

Appena finita la guerra si dedicò ai famigliari delle vittime dell’eccidio di Ceretto facendo riconoscere i diritti spettanti agli orfani di guerra, ai reduci della Russia ecc. e per 50 anni si dedicò a mantenere il ricordo dei 27 Caduti dell’eccidio.

Con Livio Berardo diede alle stampe il libro “5 gennaio 1944 Cronaca di un eccidio”, dove si possono leggere le testimonianze di quella tragica giornata.

Rimase partigiano sino alla morte avvenuta il 24 dicembre 1994. 

Possiedo la medaglia di guerra e il certificato di patriota.