Partigiano Giacomo Vassallo

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Testimonianza sul partigiano Vassallo Giacomo nato a Saluzzo (CN) il 21-09-1924 resa dalla figlia Antonella agli studenti delle classi terze scuola secondaria 1° grado. Fratello del partigiano Settimio Vassallo (vedasi testimonianza)

  • Quando avete sentito raccontare per la prima volta dai vostri famigliari dell’esperienza partigiana, cosa avete provato?
La prima volta che sentii parlare della guerra da mio padre fu durante la fiaccolata e la commemorazione del 25 aprile a Verzuolo. Provai subito molta curiosità ma anche tristezza nel sentire il racconto di quelle drammatiche vicende. 
  • Secondo voi e in base a quello che vi è stato raccontato, che cosa ha spinto i giovani di allora a scegliere di diventare partigiani?
Sicuramente il desiderio di autodeterminarsi, di poter vivere il futuro nel nome dell’uguaglianza e della libertà. La scelta di mio padre fu probabilmente anche condizionata dal fatto che aveva amici ebrei a Saluzzo, che poi perse.
  • A cosa fu dovuta la loro spinta antifascista?
La loro spinta antifascista era dovuta perlopiù ai soprusi che le persone subivano in quegli anni e quindi le azioni di resistenza erano dettate soprattutto da spinte morali e da un profondo senso di giustizia.  
  • I loro Genitori seppero subito della loro scelta? La approvavano?
Non so esattamente quando mia nonna venne a conoscenza della scelta di mio padre. Ritengo sia stato difficile accettare questa scelta, perché mia nonna aveva un figlio disperso in guerra, veniva comunque accettata perché era la cosa giusta da fare. 
C'erano persone che aiutavano i partigiani portandogli cibo e vestiti, ma c’erano anche quelli che erano contro e che denunciavano i partigiani per ricevere una ricompensa economica. Quando mio padre è stato ferito gravemente ad un polmone è stato aiutato da diversi civili che lo hanno portato da un prete che lo ha medicato salvandogli la vita e successivamente dalla sorella.
  • Che rapporto avevano i partigiani con le persone che vivevano nei paesi qui intorno? Ci sono degli aneddoti che potete raccontarci?
  • Qual era il nome di battaglia scelto dai vostri parenti? Per quale motivo lo avevano scelto?
Mio padre scelse come nome di battaglia “Figaro”, perché faceva il barbiere e gli piaceva molto ascoltare la sua opera preferita.
  • Appena finita la guerra, che cosa desideravano fare?
Mio padre desiderava costruire un futuro migliore, iniziando a lavorare in Fiat a Torino, come pendolare. Per realizzare il suo sogno lavorava di giorno e, la sera, frequentava ragioneria per conseguire il diploma e iniziare a lavorare in banca.
  • Amavano raccontarsi o hanno faticato perché , come anche i deportati, non si sono sentiti compresi?
Mio padre ha faticato molto a raccontarsi. Molte delle informazioni in mio possesso le ho raccolte da amici e parenti. 
  • Rispetto all’idea di Resistenza che ci si può fare sui banchi di scuola, com’era quella vera, che coinvolse i vostri familiari?
Era molto dura non poter avere notizie dei propri figli e poi c’era il rischio da parte dei familiari, che già erano angosciati e spaventati, di essere scoperti e avere conseguenze ancora più gravi.  Mia madre assistette ad un episodio veramente cruento: i bambini delle elementari furono portati a vedere un partigiano impiccato e mia madre che era molto piccola rimase molto colpita. 
  • Raccontava spontaneamente o doveva essere sollecitato?
Per ricordare nei primi anni dopo la guerra il papà la portava alle Fiaccolate (le prime consistevano in un percorso in macchina). Raccontare era faticoso per i suoi parenti, perché significava rivivere il dolore, anche indirettamente, soprattutto per la morte dello zio. 
  • C’è un episodio, tra quelli raccontati, che le rimase più impresso?   
L'episodio che mi rimase impresso è il ritrovamento di mio padre ferito da parte di alcuni civili in un bosco. Queste persone lo trovarono e lo curarono a rischio della loro stessa vita. Il secondo episodio è quando mio zio è stato fucilato in via Cuneo. Quel giorno si scoprì che erano state fucilate circa una decina di persone.
  • Ricorda i sentimenti che esprimeva mentre raccontava?
Sicuramente era molto angosciato e addolorato nel ricordare il dramma di quegli anni, ma anche molto fiero, orgoglioso di sé stesso per aver contribuito a sconfiggere la dittatura. 
  • Com’erano i rapporti con le donne partigiane o staffette?
Le donne hanno avuto un ruolo importantissimo, riuscivano a mantenere la comunicazione tra i diversi gruppi di partigiani. Erano molto apprezzate e ammirate da tutti. 
  • Com’erano i rapporti con la Chiesa presente sul territorio ?
La chiesa ebbe un ruolo fondamentale nella storia di mio padre.  Se non ci fosse stato il sacerdote del luogo in cui venne ritrovato, sarebbe morto. Da quel momento mio padre mantenne un legame profondo con il sacerdote e nei loro incontri parlavano della libertà, del futuro e dei diritti negati in quel lungo periodo di dittatura.