Testimonianza sulla partigiana Bonetto Caterina in Ferreri nata a Rossana (Cn) il 27 novembre del 1915 resa dal nipote Beltrame Daniele agli studenti della terza C scuola secondaria 1° grado.
Quando avete sentito raccontare per la prima volta dai vostri famigliari dell’esperienza partigiana cosa avete provato?
Fin da piccolo ho sempre sentito parlare di partigiani e della resistenza. Mia mamma, figlia della Partigiana Bonetto Caterina classe 1915, purtroppo morta nel 1975 all’età di 60 anni quando io avevo solo 12 anni, era originaria di Lemma Borgata Gamaudo (“Gamau”) e lì, mia mamma con tutta la famiglia, durante le estati ci portava a visitare i vari luoghi e la montagna. In quei periodi ho sentito molte persone del luogo raccontare e parlare di aneddoti del periodo della resistenza e dei partigiani.
Secondo voi, in base a quello che vi è stato raccontato, che cosa ha spinto i giovani di allora a scegliere di diventare partigiani ?
Penso che i giovani di allora abbiano voluto scegliere di diventare partigiano per un forte senso di libertà e giustizia che ormai era venuto a mancare per il triste periodo di quel tempo.
I loro genitori seppero subito della loro scelta ?La approvavano?
Penso che i genitori avessero condiviso la scelta dei miei nonni, ma francamente non ho mai sentito parlare di ciò.
Ci sono degli aneddoti che potete raccontarci?
Mia nonna era una staffetta cioè portava le notizie ai vari gruppi partigiani della zona e si occupava come poteva curando e rifocillando tutti i partigiani che si presentavano a casa sua. Venne riconosciuta partigiana combattente ed ottenne per questo LA CROCE al MERITO DI GUERRA . Mio nonno, suo marito, è stato fatto prigioniero dai tedeschi ed ha subito diverse angherie dai tedeschi e dai fascisti. Purtroppo anche lui è morto in giovane età per un grave incidente stradale occorso nel 1963 quando con la sua bicicletta si stava recando da Saluzzo a lavorare a Verzuolo nella cartiera Burgo: un’auto l’ha investito e ucciso…. Purtroppo mio nonno non l’ho conosciuto…
Ricorda i sentimenti che esprimeva mentre raccontava?
Sì, diciamo che lei era molto orgogliosa di ciò che aveva fatto e lo ricordava sempre con un pizzico di malinconia. Ma non per il periodo, ma piuttosto per la mancata gratitudine e riconoscenza da parte di alcuni di coloro che avevano utilizzato mia nonna e la sua abitazione come “ricovero”, come aiuto, come base di appoggio.
Finita la guerra, il suo ruolo importante svolto durante la guerra partigiana ha avuto il giusto riconoscimento a livello istituzionale.
Com’erano i rapporti con la Chiesa presente sul territorio?
Diciamo che erano buoni rapporti, ma si preferiva non dir nulla al prete. “Al preivi as dis niente” era solita ripetere. All’epoca c’era un prete per ogni paese: Lemma, Valmala, Venasca. Mia nonna era cristiana, tutta la famiglia era cristiana. Quindi non è che non ci fossero rapporti, però al prete non veniva detto niente di quel periodo lì.
Avete materiali fotografici o documenti che testimonino ancora oggi l’attività partigiana del vostro familiare?
Documentazioni fotografiche non ne ho perché l’ultima volta che le avevano bruciato casa avevano bruciato tutto, anche le poche foto di famiglia.
Estratto con integrazioni della testimonianza resa nel 2001 allo scrittore Riccardo Assom da mia madre Caterina Ferreri che all’epoca dei fatti ( 1943/44/45) aveva circa 10/11 anni “…mia madre era Caterina Bonetto, chiamata in piemontese “la fumla ‘d Frere” la moglie di Ferreri. C’era l’abitudine da noi di dare il nome del marito alla moglie. Si arrivava su a casa nostra per un sentiero da Lemma (Cn), abitavamo in una baita con una scala che portava al fienile e da una parte c’era una piccola stanza dove mia madre dormiva, noi figlie dormivamo sulla paglia. Sotto c’era la cucina grande dove mia madre dava da mangiare ai partigiani e sopra questa c’era una stanza solo di legno, dove mettevamo a seccare il pane e dove andavamo a dormire in estate. C’era anche la stalla, oltre alla cucina due stanze e dietro “il secau” cioè il vano per far essiccare le castagne. Iniziarono a formarsi i primi gruppi partigiani in valle Varaita dopo l’8 settembre 1943, mia madre aveva allora 28 anni con tre bambine piccole che doveva accudire da sola in quanto suo marito era partito militare in Russia, tornato in licenza fu inviato a Demonte dove venne catturato e portato prigioniero in Germania. Mi ricordo che un giorno, proprio all’inizio della guerra partigiana, si presentarono da noi sette o otto giovani sbandati, alcuni parlavano italiano ed altri piemontese e ci chiesero da mangiare. Mia madre era molto coraggiosa e disse loro: “Posso darvi un po’ di latte e delle tome, ma devo pensare alle mie figlie”; mangiarono tutto, anche delle uova. Da quella volta iniziarono a venire a casa nostra sempre più giovani che nel frattempo si erano organizzati in formazioni partigiane vere e proprie. Mia madre scendeva a Venasca a fare le commissioni per la banda partigiana comandata da Ernesto Casavecchia (181^brigata Garibaldi); era un comandante di polso, mi ricordo che lui diceva rivolto ai giovani della sua banda: ”Se voialtri toccate una ragazza di qua, io vi tiro un colpo di pistola…” Andavo anch’io a Venasca a prendere il pane per i partigiani quando mia madre aveva troppo da fare. La nostra casa in poco tempo divenne un punto di riferimento per i partigiani dove trovare sempre rifugio, divenne la “dispensa” delle bande. I primi giovani che giunsero a casa nostra mia madre li faceva dormire nel fienile, poi nei mesi successivi quando arrivavano affamati, infreddoliti, spesso pieni di pidocchi li lavava e faceva bollire tutti i loro vestiti. Alcuni presero la scabbia, allora lei si recò a Busca a comprare delle medicine per curarli. Mi ricordo che da noi veniva anche un giovane russo di nome Ivan che è morto a Valmala.* Mi è rimasto impresso un uomo chiamato Gallina: venne catturato a casa mia, mentre alcuni altri partigiani erano riusciti a fuggire, fece finta di essere un commerciante venuto a comprare una vacca, evidentemente erano stati informati della presenza di partigiani a casa nostra e non ci credettero: lo riempirono di botte e poi dopo seppi che era morto (venne fucilato il 15 dicembre 1944 a Casteldelfino dagli alpini della Monterosa). *(Ivan Pavlovic Volhov nato nel 1925, partigiano della181^ brigata Garibaldi che morì nell’eccidio al santuario di Valmala il 6 marzo 1945). Spesso mia madre accompagnava i gruppi di partigiani in azione, lei era in grado di svolgere lo stesso compito di un uomo, riusciva a controllare la paura, la dominava con la durezza e la forza di carattere. I partigiani la ascoltavano e l’ubbidivano, la consideravano un po’ come una madre, aveva venduto quasi tutte le sue vacche e quel po’ di oro che possedeva per aiutare la lotta partigiana e per allevare noi bambine. Avevamo un cane di nome TOTO’, un bastardino molto intelligente; portava su i biglietti con gli ordini e messaggi fino da Ernesto (Casavecchia): solo lui poteva avvicinarsi e recuperarli dal suo collare. Un giorno i repubblichini (fascisti) gli hanno sparato, ma non l’hanno ucciso: l’abbiamo curato per tre mesi e si è salvato, ma non è più andato in montagna. Appena sentiva in lontananza i soldati tedeschi, durante i rastrellamenti, cominciava ad ululare.
Abbiamo subito molte ritorsioni, i tedeschi ed i repubblichini giravano per la montagna, ma poi arrivavano sempre a casa nostra, per due volte hanno dato fuoco a tutto, si è salvata solo la casa. Rina è stata in prigione a Venasca, l’hanno picchiata e le hanno buttato giù i denti, dopo due giorni è stata liberata. Un giorno mia madre insieme ad altri abitanti del luogo, sospettati di sostenere i partigiani, sono stati tenuti un giorno in piazza a Lemma con le braccia alzate e ogni tanto i soldati sparavano una mitragliata ravvicinata : noi bambini ,che eravamo presenti, urlavamo per il terrore nel vedere nostra madre lì in pericolo.
TESTA GIULIO nato a Verzuolo/Villanovetta (CN) il 3 febbraio del 1925.
Resa dal nipote Giulio agli studenti della classi terze della scuola secondaria di primo grado.
MARTINA ANTONIO nato a Verzuolo (CN) il 15 marzo del 1925.
Resa dal figlio Paolo agli studenti della classi terze della scuola secondaria di primo grado.
Testimonianza sul partigiano Giuseppe Margaria nato a Verzuolo il 12/06/1921, resa dal genero Maurizio Berra all’A.N.P.I. per…
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