Partigiano Vincenzo Grimaldi

Testimonianza sul partigiano VINCENZO GRIMALDI (Bellini) nato a Caltagirone il 21-05-1922 resa dalla nipote Michela Cella all’A.N.P.I. Di Verzuolo per gli studenti delle classi terze scuola secondaria 1° grado.

  • Quando avete sentito raccontare per la prima volta dai vostri famigliari dell’esperienza partigiana, cosa avete provato?
La prima persona che mi ha parlato della Resistenza è stato mio nonno, giovane partigiano in Val Varaita. Con i suoi racconti mi ha riempito il cuore fin da piccola di Valori quali la libertà, la democrazia, la pace, la fratellanza, la solidarietà, l’uguaglianza, che sono scolpiti nella nostra Costituzione, figlia preziosa della Resistenza.
  • Secondo lei, in base a quello che vi è stato raccontato che cosa ha spinto i giovani di allora a scegliere di diventare partigiani?
I giovani di allora, spinti dalla esigenza di libertà, pace e giustizia scelsero di diventare partigiani e di lottare contro la sanguinaria dittatura nazifascista.  
  • A cosa fu dovuta la loro spinta antifascista?
La loro spinta antifascista era animata dal desiderio di ridare onore e dignità al Paese e di costruire un presente possibile e un futuro migliore, un futuro di Pace, Democrazia e Libertà.
  • I suoi genitori seppero subito della loro scelta? La approvavano?
All'epoca mio nonno era già orfano di madre e suo padre, residente a Caltagirone in Sicilia, seppe della sua scelta solo a guerra finita.
  • Che rapporto avevano i partigiani con le persone che vivevano nei paesi intorno? Ci sono degli aneddoti che può raccontarci?
I paesi e gli abitanti della Val Varaita per lo più furono solidali con i partigiani e, come potevano, li hanno aiutati ed appoggiati. Di aneddoti ne avrei moltissimi da raccontare. Quelli più impressi nella mente e nel cuore sono stati scritti dal nonno nel suo libro di memorie, “Tutti pazzi o tutti eroi”, che ho personalmente curato.
  • Qual era il nome di battaglia scelto da vostri parenti? Per quale motivo lo avevano scelto?
Il nome di battaglia di mio nonno era Bellini; gli fu dato dal suo comandante "Barbato" in ricordo del famoso compositore Vincenzo Bellini di Catania, nella cui provincia di trova il paese natale del nonno, Caltagirone.
  • Amavano raccontarsi o hanno faticato perché, come anche i deportati, non si sono sentiti compresi?
Mio nonno è sempre stato fiero dei suoi trascorsi partigiani ma, più che le sue azioni, amava raccontare quelle dei suoi compagni di lotta, le sofferenze e gli eroismi dei civili, gli aneddoti storici e militari delle battaglie, i Valori condivisi.
  • Rispetto all’idea di Resistenza che ci si può fare sui banchi di scuola, com’era quella vera, che coinvolse i vostri familiari?
La Resistenza descritta sui libri di storia è giocoforza patinata, condensata troppe volte in stereotipi che poco chiariscono le vere sfide che hanno dovuto affrontare i partigiani nella loro lotta quotidiana. Le testimonianze orali invece restituiscono nitido il quadro drammatico della realtà di una guerra così dura e spietata come quella di Resistenza. Per questo mio nonno si è sempre speso fino ai suoi ultimi giorni di vita con passione e generosità per testimoniare la sua esperienza di combattente e raccontare in prima persona ai giovani studenti nelle scuole di ogni ordine e grado gli accadimenti di quegli anni.
  • Raccontava spontaneamente o doveva essere sollecitato?
Il suo racconto faceva parte di un preciso impegno educativo e divulgativo che, in modo ideale, rappresentava, attraverso la sua testimonianza, la continuità di una battaglia mai finita per l'emancipazione del nostro Paese secondo i dettami della Costituzione, nata dalla Resistenza.
  • C’è un episodio, tra quelli raccontati, che le rimase più impresso?
L’attacco al ponte di Valcurta, il 25 marzo 1944. Quel giorno morirono molti valorosi partigiani, ma anche civili inermi: i loro nomi, le case sventrate e bruciate, i racconti di chi è sopravvissuto hanno testimoniato nel tempo la ferocia nazifascista e le gesta di giovani eroi, quel 25 marzo in Val Varaita.
  • Ricorda i sentimenti che esprimeva mentre raccontava?
Il suo racconto lucido e preciso era fatto con parole palpitanti cariche di sensazioni ancora vivissime; il nome dei caduti era seguito da attimi di silenziosa e partecipata commozione.
  • Com’erano i rapporti con le donne partigiane o staffette?
I rapporti con le donne partigiane erano improntati alla massima correttezza e rispetto. Il ruolo delle donne nella Resistenza è stato fondamentale. Tra le storie che ho sentito dal nonno, una di quelle che ha segnato maggiormente la mia vita è quella tragica di Maria Luisa Alessi.  
  • Com’erano i rapporti con la Chiesa presente sul territorio?
La Chiesa in Val Varaita, per come poteva, ha aiutato e protetto i combattenti in un rapporto di mutuo rispetto. Don Giacomo Pomero, parroco di Brossasco, fu di prezioso aiuto a tutti i partigiani, rischiando anche la vita per la sua generosa ospitalità.
  • Appena finita la guerra che cosa desideravano fare?
A guerra finita mio nonno riprese contatti con la sua famiglia d'origine e, dopo un po' di tempo, entrò nel corpo della Polizia di Stato, dove prestò servizio fino al raggiungimento della pensione. Il Dopoguerra fu un periodo storico difficile ma pieno di speranza e mio nonno, da buon resistente, superò come tanti italiani difficoltà e sacrifici con la caparbietà e il desiderio di costruire un’Italia migliore.
  • Possedete dei documenti, delle fotografie e altri materiali che testimoniano il periodo della Resistenza o della guerra?
Mio nonno ha lasciato foto e documenti originali presso l'Istituto Storico della Resistenza di Cuneo, l’ANPI e l’Istituto storico di Novara, città dove ha vissuto fino alla sua morte (19 dicembre 2016).